Narrare, narrarsi l'esilio
Abstract Molte sono le definizioni che sono state date dell’esperienza dell’esilio come fenomeno di radicale sradicamento, espulsione o allontanamento forzato. La maggior parte di esse si riferiscono alla dimensione spaziale. Ma come dire l’esilio rispetto al tempo? Seguendo le riflessioni di José...
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| Format: | Article |
| Language: | English |
| Published: |
Università di Napoli Federico II
2017-07-01
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| Series: | Funes |
| Online Access: | https://serena.atcult.it/index.php/funes/article/view/5190 |
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| Summary: | Abstract
Molte sono le definizioni che sono state date dell’esperienza dell’esilio come fenomeno di radicale sradicamento, espulsione o allontanamento forzato. La maggior parte di esse si riferiscono alla dimensione spaziale. Ma come dire l’esilio rispetto al tempo? Seguendo le riflessioni di José Solanes e di Josef Wittlin, cercheremo di trovare –a partire dalle narrazioni personali, dai nomi che gli esiliati si sono dati– dei modelli interpretativi condivisibili e socialmente rilevanti. Forme del sentirsi e percepirsi coinvolti o no nella storia collettiva, forme del narrare e del ricordare.
Parole chiave: esilio, tempo, spazio, Solanes, Wittlin
Abstract
There are many definitions given of the experience of exile as a phenomenon of radical radication, expulsion, or forced departure. The greatest number part of them refers to the spatial dimension, but how to say the exile in relation to time? Following the reflections of José Solanes and Josef Wittlin we will try to find –beginning from the personal narrations, from the names that the exiled have given to themselves– some interpretative models shareable and socially relevant. Forms of feeling and perceiving oneself whether involved or not in the collective history, and forms to narrate and to remember.
Key words: exile, time, space, Solanes, Wittlin
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| ISSN: | 2532-6732 |